Lo spirito del porco
“Porco” o “maiale” sono bollato:
Gli uomini e la natura
Neanche nel nome
Mi hanno risparmiato.
“Maiale” è la mia epitome
E nel dirla si scivola
Con disgusto nella lordura
Del letame vocalico
Che la lingua impastoia
Nel gorgo della parola
Che i suoni strozza e ingoia;
E bene esprime “porco”
La mia greve e grezza natura
Con quel cozzo consonantico
Ispido, crudo e stridente
Senza luce di redenzione
Che costituisce la mia patente
D’abbrutimento e d’abiezione.
I versi che emetto all’udito
Sono rozzi, storpi e sgraziati
E bene si dicono “grugnito”.
Ingozzarmi, non ho altri talenti.
Sono grasso, sporco e ingordo
Ho ruvido il pelo, guasti i denti
Son brutto, puzzolente, stupido.
Eppure tra tutti gli animali
Ho il dono o il castigo in sorte
Di presagire il mio destino.
Quando con i loro pugnali
Per “scannarmi” arrivano
— Grossolana è anche la mia morte —
Alle prime opache luci del giorno
Il mio grido acutissimo a distesa
Riempie l’aia e i cortili d’intorno,
Invade ogni confine
Gonfia l’aria della stupefatta attesa
Della notte senza fine
Di quel solenne stupore
Che ci afferra
Del dolore delle creature
Della terra.
Allora improvviso, umanissimo,
Il mio urlo si alza all’infinito
Come un falco nobile e forte
E vola libero, lieve, altissimo
Incontro alla morte
Finalmente spirito.