La cappella chiusa

Umberto Saba

Par da secoli chiusa. Alla sua porta,

fra le dita il rosario,

siede il mendico, cieco e solitario.

Chiusa è per sempre. Gente

morta quanta vi entrò, con dietro ardente

cera e vano dolore. L’erba cresce

sotto i gradini, alimentava un nero

muschio l’umidità nelle sue crepe.

Altro il suo cimitero

non è che un prato: questo né custode

vigila, né la cancellata serra.

Chi gli si appressa ode fanciulli guerra

fingere e paci rotte da improvvisi

inseguimenti; fra le sue compagne

e le tombe ripete i nuziali

riti d’un tempo la bambina ignara.

Bruca una capra l’erba corta e rara.

Ed io sosto, ed un poco

anche qui siedo, e guardo quei fanciulli

nuovi, l’antico gioco,

quelli che a me nel gioco

si rivelano, come la figura

dell’uomo in pochi segni

di carbone su un muro, eterni veri.

Ecco: qui tutto con i miei pensieri

è fraterno; ogni aspetto un nuovo lato

del mio spirito adombra.

Dall’erta amica alla mia infanzia, all’ombra

della chiusa cappella, scorgo il cielo

pallido azzurro con le prime stelle,

l’Alpi lontane, i colli, la città

che sui colli si estese, che di borghi

s’arricchisce e di enormi

navi, onde tutti suonano i cantieri;

navi per mari, per porti remoti

a chi li vide, non li vide mai,

sempre noti ed ignoti.

Ed anche tu che della morte—è assai

tempo—vivevi, forse un giorno invano

cercherò; qui, disutile rovina,

una scuola, tra poco, un’officina,

altro su quelle tombe sorgerà.

Cosí sempre al suo ieri

spera l’uomo migliore il suo domani,

ben che una voce gli dica: Domani

si soffrirà come soffrimmo ieri.

The Closed Chapel

translated by Geoffrey Brock

It seems to have been closed for ages. A beggar,

holding his rosary,

sits on the doorstep, blind and solitary.

It’s closed forever now. So many dead

entered that place, trailing their burning wax

and futile grief. Grass has grown

around the stone steps; dampness has fed

the black moss growing in their cracks.

As for its cemetery,

it’s nothing but a field: no sentry

keeping watch, no gate forbidding entry.

As I approach I hear the children playing

war and a truce broken by a sudden chase.

Between the gravestones and her friends

a girl, oblivious,

repeats the wedding rites of bygone days.

A goat is grazing on the short, sparse grass.

I pause here for a while

and sit to watch these modern children,

their ancient game,

which reveals them as they play

for what they are, the way

the figure of a man emerges from a few

charcoal marks on a wall—eternal, true.

Look: here all things

brother my thoughts; each feature conjures up

some facet of my spirit. From this slope

that was for me a childhood haven,

here in the shadow of this chapel, I regard

the pale blue sky, already faintly starred,

the far-off Alps, the hills, the city

spread across those hills, arrayed

with suburbs and huge ships

that make the dockyards ring—ships made

for the highs seas, for ports remote

from those who’ve seen them and who never

shall, known and unknown forever.

And even you, who lived so long

on death, perhaps one day I’ll search for you

in vain. Now, you’re a useless ruin;

soon, an office, a school,

something, will rise above your tombs.

And so we keep on hoping our tomorrow

will improve upon our yesterday,

despite a voice that says to us: tomorrow

we’ll suffer as we suffered yesterday.

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