L'insonnia di una notte d'estate

Umberto Saba

Mi sono messo a giacere

sotto le stelle,

una di quelle

notti che fanno dell’insonnia tetra

un religioso piacere.

Il mio guanciale è una pietra.

Siede, a due passi, un cane.

Siede immobile e guarda

sempre un punto, lontano.

Sembra quasi che pensi,

che sia degno di un rito,

che nel suo corpo passino i silenzi

dell’infinito.

Di sotto un cielo così turchino,

di una notte così stellata,

Giacobbe sognò la scalata

d’angeli di tra il cielo e il suo guanciale,

ch’era una pietra.

In stelle innumerevoli il fanciullo

contava la progenie sua a venire;

in quel paese ove fuggiva l’ire

del più forte Esaù,

un impero incrollabile nel fiore

della ricchezza per i figli suoi;

e l’incubo del sogno era il Signore

che lottava con lui.

A Summer Night's Insomnia

translated by Geoffrey Brock

I’ve lain me down tonight

beneath the stars,

one of those skies

that turns the gloomiest insomnia

to reverent delight.

My pillow is a stone.

A dog, nearby me, sits

stock-still and gazes out,

fixed on some far-off sight.

It almost seems he’s thinking,

that he’s worthy of some rite,

that the silences of all infinity

pass through his body.

Under a sky as deep blue as my own,

on a night with just as many stars,

Jacob once dreamed of stairs

that angels mounted,

stretching between the heavens and his pillow,

which was a stone.

Among the countless stars, he counted

his progeny to come;

he’d fled from Esau, the stronger one,

into a land, an everlasting realm,

bursting with riches for his every son;

and in his dream the nightmare was the Lord

wrestling him.

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